PAESAGGIO

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Ciò che noi oggi definiamo paesaggio è stato oggetto di interventi legislativi già all’inizio del secolo. La legge n. 778 del 1922 e, successivamente, la legge n. 1497 del 1939 erano improntate a una concezione estetizzante, che identificava il paesaggio con la veduta d’insieme, il panorama, la “bellezza naturale” (come recitavano i testi di legge).

Solo nel 1985 la legge n. 1497/39 è stata integrata dalla legge n. 431 (la cosiddetta “legge Galasso”), che ha a sua volta spostato il fulcro tematico sull’ambiente naturale da preservare. Si è così passati da una concezione percettivo-estetica del paesaggio a una visione fondata quasi esclusivamente su dati fisici e oggettivi.

La distinzione operata in seguito (inizialmente a livello teorico e quindi recepita negli strumenti legislativi) tra «paesaggio» e «ambiente» ha contribuito a definire il primo come prodotto dell’opera dell’uomo sull’ambiente naturale, in una visione quindi improntata alla storicità e in grado anche di recuperare quella dimensione estetica che, in anni anche recenti, sembrava perduta.

Il Codice dei beni culturali e del paesaggio ha fatto propri gli orientamenti più avanzati in merito alla definizione di paesaggio, sancendo l’appartenenza a pieno titolo di quest’ultimo al patrimonio culturale. Un riferimento fondamentale nell’elaborazione del testo di legge è stata la Convenzione Europea del Paesaggio (stipulata nell’ambito del Consiglio d’Europa), aperta alla firma a Firenze il 20 ottobre 2000 e ratificata dal nostro paese nel 2006.

L’aspetto identitario è uno dei punti cardine della Convenzione ed è richiamato dal comma 2 dell’articolo 131 del Codice (“Il presente Codice tutela il paesaggio relativamente a quegli aspetti e caratteri che costituiscono rappresentazione materiale e visibile dell’identità nazionale, in quanto espressione di valori culturali”).

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